Caparra confirmatoria: quando serve e come funziona.

 

La caparra è una prassi antica e consolidata nel Codice Civile e serve a dimostrare la serietà dell’impegno assunto.

La caparra ebbe ampia diffusione tra i greci, che commerciavano con le popolazioni orientali e la applicavano ad ogni sorta di contratto. Dato l’ampio utilizzo dell’istituto nel mondo greco, gli studiosi affermano solitamente che il termine caparra derivi etimologicamente dal greco “arrha” e che indichi la garanzia.

La caparra, o “arra”, è presente anche nei testi biblici, dove indica varie fonti di garanzia, sia reali sia personali. Il più noto esempio biblico di arra si trova nell’Antico Testamento, nel passo in cui Tamar domanda a Giuda un “pegno” a garanzia di un futuro completo pagamento.

La caparra confirmatoria è una pratica prevista dall’articolo 1385 del Codice civile.

La caparra può essere “una somma di danaro o una quantità di altre cose fungibili” e va “restituita o imputata alla prestazione dovuta” dopo l’adempimento del contratto. Detto in parole semplici, la caparra confirmatoria non è altro che la consegna di beni o, il più delle volte, denaro, con l’impegno di concludere l’affare in un momento successivo.

Le funzioni della caparra confirmatoria sono diverse: stabilisce il prezzo della “punizione” in caso di inadempimento di una delle parti, evitando ulteriori contenziosi; prova e conferma la conclusione del contratto; può fungere da anticipo sul prezzo pattuito; garantisce l’impegno delle parti al buon esito dell’affare.

La caparra confirmatoria, in genere, serve per quei contratti che la legge definisce “a prestazioni corrispettive” e a “effetti obbligatori” che prevedono una esecuzione differita e il pagamento in una soluzione unica. Esempi tipici sono la compravendita immobiliare e i contratti di locazione.

Quando si può chiedere il doppio della caparra? Si può pretendere indietro il doppio della caparra se la parte che l’ha ricevuta risulta inadempiente. Naturalmente questo comporta anche il recesso del contratto, così recita il comma 2 dell’articolo 1358 del Codice civile: “Se la parte che ha dato la caparra è inadempiente, l’altra può recedere dal contratto, ritenendo la caparra; se inadempiente è invece la parte che l’ha ricevuta, l’altra può recedere dal contratto ed esigere il doppio della caparra.”

Quanto si deve dare di caparra? L’importo della caparra non è indicato dal Codice civile, per questo si calcola in termini percentuali rispetto al prezzo della compravendita. Ad esempio nella vendita immobiliare la caparra confirmatoria corrisponde al 10/20% del valore concordato tra compratore e venditore.

Quando si perde? La caparra non può essere chiesta indietro, quindi si perde quando la parte che l’ha versata è inadempiente, cioè non si presenta per concludere l’affare. La parte non inadempiente, se lo preferisce, può non avvalersi del meccanismo della caparra e, al contrario, chiedere il risarcimento del danno.

Se la caparra non viene restituita si può agire tramite una causa civile per inadempimento contrattuale dato che l’obbligo di restituire la caparra deriva proprio dagli accordi contrattuali tra compratore e venditore.

Il preliminare di compravendita immobiliare prevede nella prassi il versamento della caparra che rafforza il contratto stesso, oggi è quasi impossibile, anche se lecito, stipulare un accordo preliminare senza caparra.


Mauro Cavadenti Gasperetti

Agente Immobiliare

Perito della Borsa Immobiliare dell’Umbria






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